Una brutta giornata
Mar. 9th, 2019 08:51 pmTitolo: Una brutta giornata
Cow-t 9, quarta settimana, M2.
Prompt: “Mettersi a ridere all’improvviso”
Numero parole: 2407
Rating: Verde
Fandom: The legend of Korra (non proprio)
Introduzione: Situazioni di vita di una giovane donna nell’universo di Avatar (questa storia è ispirata ad uno dei personaggi del GDN sulla Land di Avatar, e l'ambientazione è molto avanti del futuro rispetto alla serie di Korra).
Genere: Commedia, Slice of Life
Coppia: nessuna
Avvertimenti: nessuno
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Era stata una gran brutta giornata e no, Lan-Chen non stava scherzando nel pensarlo: era stata davvero una bruttissima giornata, cominciata male e finita peggio.
Il traffico, quella mattina, l’aveva fatta arrivare tardi al colloquio con i genitori a scuola di Liang.
Ovviamente il figlio non era stato affatto contento della cosa, soprattutto dopo le mille raccomandazioni che le aveva fatto.
Si era perciò preparata alla battaglia, come sempre quando al più combattivo dei suoi bambini girava male, ma… nulla.
Liang si era limitato a roteare gli occhi al soffitto e, dopo aver sbuffato, l’aveva completamente ignorata.
E… a Lan-Chen si era spezzato il cuore.
La giovane mamma aveva quindi cercato di rimediare, dicendo che non sarebbe capitato mai più, ma il ragazzino aveva risposto che non era stato un problema, andava bene così, che non importava.
Liang che rinunciava a qualcosa?
Brutto segno, terribile segno.
Lan-Chen si era sentita persa, aveva deluso per l’ennesima volta il suo bambino più esigente, ma… aveva davvero provato ad arrivare in orario, ce l’aveva davvero messa tutta, come tutte le altre volte e, purtroppo, anche le altre volte aveva fatto tardi.
Aveva così tentato il tutto per tutto per raddrizzare la situazione e aveva detto a Liang: “Tesoro, giuro di aver fatto del mio meglio”.
Lui si era voltato e con sguardo gelido le aveva risposto, facendo spallucce: “Allora, si vede che il tuo meglio non è abbastanza”, e Lan-Chen era morta dentro.
Sentiva di aver deluso il suo Liang troppe volte e adesso lui non credeva più in lei.
Non ricordava come avesse fatto poi ad arrivare al lavoro, però ci era arrivata.
Quando però aveva salutato il suo collega alla reception del casinò, questi aveva sgranato gli occhi e domandato dove fosse stata fino a quel momento e, dato che gli spiriti sembravano divertirsi a far piovere sul bagnato, era venuta a conoscenza del fatto che il permesso accordatole per quella mattinata era sparito, volatilizzato nel nulla.
“Ma come?” aveva cercato di protestare lei, “Me lo ha accettato lei stesso, signore, la settimana scorsa.”
“Me ne ricordo Lan-Chen” disse il direttore, “ma la tua richiesta non è stata archiviata, non so che dirti. Posso solo cercare di risolvere la cosa, non comunicandolo al capo, ma devi recuperare le ore questa sera.” E… così era stato: aveva accettato, che altro poteva fare?
Odiava lavorare la sera: non le piaceva l’idea di lasciare i suoi figli da soli nelle ore buie, oltretutto lei era una manutentrice e il suo lavoro veniva svolto al meglio quando non c’erano troppe persone in giro e la sera i casinò di Senlin strabordavano di turisti e habitué.
Nel caso specifico poi del “Casinò Royale”, il suo luogo di lavoro, alle normali proposte si univano spettacoli serali di varia natura e ovviamente il ristorante panoramico in cima all’edificio era un richiamo anche per i turisti che non amavano il gioco.
Si lasciò sfuggire un sospiro stanco, ripensando a come erano andati i fatti, mentre si apprestava a salire la piccola gradinata che portava all’ingresso della sua casa.
Si aggrappò distrattamente al corrimano che fiancheggiava i gradini che portavano al pianerottolo per poi trovarsi a fare una smorfia di disgusto subito dopo e ritirare la mano: qualcosa di appiccicoso e umido le aveva appena impastocchiato le dita. Aveva incominciato ad impallidire nel vedere quella che doveva essere stata una gomma da masticare rosa creare filamenti informi che pendevano tra le sue dita, mentre cercava di liberarsene.
“A quanto sembra non c’è limite al peggio, quest’oggi!” e dal bianco sarebbe sfumata presto al verde, non fosse stato che da casa arrivò un grido, immediatamente seguito dal pianto di un bambino.
“Juju”, saettarono i suoi sensi mamma e si lanciò verso la porta.
Il suo piccolo Juju stava piangendo e questo improvvisamente ottenebrava tutto il resto.
Estrasse senza rendersene conto le Chiavi dalla borsetta ancora prima di arrivare alla porta d’ingresso e mentre la chiave si infilava nella serratura… “Queeek” lamentò qualcosa sotto il suo tacco; qualcosa che le fece storcere la caviglia e barcollare.
Si ritrovò in terra con i filamenti di cocco della scritta Welcome dello zerbino a pizzicargli il fondoschiena e un paperotto di plastica a prenderla in giro dal lato della porta.
La mente però era ancora incollata a quel pianto: si alzò, girò la chiave e aprì la porta.
“Juju”, chiamò e il piccolo in lacrime le corse incontro, abbracciandola disperato.
A un rapido sguardo non sembrava avesse nulla che non andasse.
“Mamma Laaan!” piagnucolava però senza fiato.
“Cosa? Cosa è successo, piccolino?” Chiese preoccupata.
“Tori non mi vuole far giocare con Squalo, dice che è suooo!” rispose con gli occhi ricolmi di lacrime.
“Squalo? Il peluche?” Chiese lei, mentre la tensione che si era accumulata nel suo stomaco cominciava a scemare.
All’annuire del bambino notò la testolina dell’altro suo marmocchio spiare da dietro l’arcata che portava al salone.
Lan-Chen tirò un sospiro di sollievo.
Si piegò sulle ginocchia davanti al suo piccino e gli disse con dolcezza: “Ma Juju, Squalo è di Tori, lo sai. È il suo giocattolo preferito. Hai provato a chiedergli se potete giocarci insieme?”
“Sei cattiva!” si lamentò il bambino, tirando su con il naso, “Difendi sempre Tori. Vuoi più bene a lui che a me!”, aggiunse, immediatamente prima di cominciare a frignare ancora più forte e scappare via.
“Ma no, io…” tentò di spiegare la mamma, ma inutilmente: il bimbo era già scomparso oltre la porta della cucina.
Lan-Chen sbuffò, sollevando un ciuffo di capelli bruni che gli ciondolava disordinato davanti al volto, per poi voltarsi verso Tori che spiava la scena con un musetto colpevole. Gli fece cenno di avvicinarsi e l’altro piccolo di casa uscì timidamente dal suo nascondiglio trascinando con sé il suo peluche.
“Dov’è tuo fratello maggiore?” gli chiese cercando un tono tenero.
Ricordava perfettamente che quando aveva saputo di dover far tardi quella sera aveva chiesto a Kimo di occuparsi dei più piccoli. Richiesta alla quale quindicenne aveva risposto che non c’erano assolutamente problemi, che ci avrebbe pensato lui.
Ancora si trovò a sospirare a quel nuovo pensiero.
Il piccolino indicò con la mano paffuta in direzione della cucina.
“Grazie”, disse, sollevandosi finalmente dopo che l’atteggiamento di Juju l’aveva praticamente congelata in quella posizione. “Ora perché non vai in camera tua? È tardi e voi piccoli dovevate stare a letto già da un po’”, ma non fece tempo a finire la frase che anche gli occhi di Tori, esattamente come quelli di Juju pochi secondi prima, si imperlarono con grossi lacrimoni.
Lan-Chen sospirò, cosciente che non c’era possibilità di fermare nessuno dei due bimbi quando decidevano di disperarsi senza che lei ne capisse la ragione e non fece in tempo a finire di formulare quel pensiero che l’attacco sonico del suo Tori le perforò i timpani, ma almeno si diresse in camera sua.
“Kimo!” chiamò a quel punto, cercando il maggiore dei suoi figli, gridando per riuscire con la voce a superare tutta quella follia di lacrime e… cos’era quel rumore di sottofondo? Un elettrodomestico o cosa?
La testa le scoppiava, ma era sicura (quanto meno, sperava) che ci fosse una spiegazione a tutto quel putiferio.
Dalla cucina nessuna risposta, oltre il suono di un frullatore (ecco cos’era quel rumore! Finalmente l’aveva identificato) che smetteva di… frullare, appunto.
Si mosse a passo deciso: quel ragazzo avrebbe dovuto darle qualche spiegazione, poco ma sicuro.
“Kimo, come mai i piccoli sono ancora svegli?” chiese non appena oltrepassato l’uscio e trovando Liang che con un braccio cullava Juju, tentando di rassicurarlo, mentre con la mano libera versava del frullato in diversi bicchieri, due dei quali davanti a Pete e Miori.
Gli occhi del bambino sfarfallarono stupiti, mentre il “Tlin” del tostapane dichiarava di aver finito di… ehm… tostare.
“Ma cosa…?” chiese lei a quel punto, stupita.
“Ciao mamma Lan!”
“Bentornata Mamma!”
I due ragazzini al tavolo le sorrisero e, spostando rumorosamente le loro sedie, scesero per correrle incontro.
“Ciao amori miei”, rispose lei, abbracciandoli, ma continuando a fissare il più grande dei presenti per avere qualche delucidazione sugli eventi.
“Sto preparando la cena”, disse Liang, impassibile come al solito.
Lan-Chen rimase interdetta: a risponderle le aveva risposto, ma… “Cena? Frullato e tost?” puntualizzò nel tentativo di fare più chiarezza, “senza contare che è terribilmente tardi.”
In tutta risposta il figlio più grande presente fece spallucce.
Spiriti, quanto odiava quel suo atteggiamento!
E dire che solo due anni prima era tutto abbracci e coccole, proprio come i due monelli che stringeva a sè… ehhh, ma si sa: i bambini crescono, è un processo che non si può arrestare.
Ancora sospirò a quele sue sciocche lucubrazioni, l’importante infondo era che non fosse davvero successo nulla, ma questo non voleva dire che qualcuno non sarebbe finito in punizione.
Portò una mano a massaggiarsi le meningi nel tentativo di calmarsi, mentre lo sbattere della porta d’ingresso annunciava l’arrivo di qualcuno.
“Liang, sono a casa!” eccola finalmente la voce del ragazzo che Lan-Chen attendeva da un po’.
Il Tono di Kimo era trafelato, mentre il suono dei suoi passi veloci che percorrevano il corridoio ne palesava una certa agitazione.
“Sei riuscito a far mangiare i piccoli? Dobbiamo metterli a letto prima che torni…” ed… eccolo apparire sulla porta della cucina. “…Lan”, terminò, mutando la sua espressione ansiosa in “Oh-ho, sono nei guai”, nel trovarsi davanti, a braccia conserte (nella tipica posa del: “Sei davvero nei guai, ragazzo mio”), proprio la persona che sperava di non incontrare.
“Posso spiegare!” cercò di riparare prontamente l’adolescente, mentre Liang incurante dell’accaduto metteva in tavola pane tostato, un barattolo di marmellata aperta e, sistemandosi meglio Juju tra le braccia, faceva cenno ai due bambini accanto a Lan-Chen di sedersi in tavola.
“Lo voglio ben sperare”, rispondeva a tono la madre…
“A quanto pare è un vizio di famiglia quello di fare tardi”, dichiarò con quel odioso tono piatto il ragazzino al tavolo, mentre spalmata di marmellata una fetta di pane la metteva tra le mani del fratellino che teneva in braccio.
“Sai che sto facendo apprendistato da Wong”, iniziò a sciorinare Kimo, “Oggi al negozio c’è stato un putiferio. Ho chiamato, ma la babysitter non poteva restare. Tu eri tanto preoccupata e… Sono ancora tutti vivi… vero?” fece notare (o chiese, non fu chiarissimo), mentre Lan-Chen si sentiva colpita e affondata dalla frecciatina di Liang.
La donna sospirò scuotendo il capo e ricercando un sorriso.
Stavano crescendo e Kimo, esattamente come lei (proprio come aveva tanto tenuto a sottolineare Liang), tendeva a sottovalutare gli eventi.
Posò una mano sulla spalla del più grande dei suoi ragazzi, forzando un sorriso.
Kimo in tutta risposta alzò un sacchetto che aveva con sé. “Ho preso dell’anatra arrosto”.
“Forza” lo incitò, indicando il tavolo con un gesto del capo. “Quindi…”, aggiunse poi, guardando Liang, “…il menù di oggi prevede Anatra, frullato e tost con la marmellata?”
Il ragazzino sorrise divertito, passandole Juju che con qualcosa finalmente sotto i dentini sembrava più tranquillo.
“Ahhh, ma allora ricordi ancora come si sorride”, lo prese in giro lei.
Liang sbuffò, ma non commentò oltre.
“Ma… non manca qualcuno?” domandò Kimo, avvicinandosi al tavolo e guardandosi intorno.
“Cielo!” esordì lei sgranando gli occhi. “Credo di aver mandato a letto Tori senza cena, ecco perché era tanto arrabbiato”, e nel dirlo Juju cambiò nuovamente braccia, finendo tra quelle di Kimo.
“Sai, fratellino, penso seriamente che dovresti imparare a cucinare”, udì Lan-Chen, mentre scendeva le scale con Tori tra le braccia, era stato Kimo a parlare.
“Perché, hai intenzione di fare ancora tardi a lavoro”, rispose Ling, mentre lei ormai sulla porta della cucina si appoggiava pigramente ad uno degli stipiti, guardandoli.
“A me piace il frullato per cena”, commentò Pete.
“Anche a me”, sostenne Miori.
“Oh, non ne avevo alcun dubbio!” sorrise Kimo, andando a solleticare i fianchi dei due fratelli che cominciano a ridacchiare divertiti.
Anche Liang sorrise, di nuovo con Juju tra le braccia che seduto sulle sue gambe “succhiava” uno spicchio di arancia spuntato misteriosamente mentre lei non c’era.
Non era facile esse il genitore singol di una marea di marmocchi. Marmocchi poi che ne avevano passate già tante prima che Lan-Chen decidesse di adottarli, ma… li adorava, cielo se li adorava!
“Allora dovremmo farlo più spesso, che ne dite?” disse la giovane mamma, scostandosi dalla porta per andare a sedersi al tavolo.
Le manine di Tori tra le sue braccia furono rapide ad afferrare un bicchiere di frullato e a portarselo al musetto.
“Basta che cucini tu la prossima volta”, sottolineò Liang.
“Sììì, quando cucina la mamma è tutto più buono!” commentò quel birbante di Pete.
“Vero, vero!” concluse serissimo Miori, afferrando anche lui il suo frullato.
Lan-Chen guardò la sua famiglia, era un po’ sgangherata, ma era sua, tutta sua. Una famiglia che non si era esattamente scelta, e si era messa su un po’ per caso, ma che aveva amato da subito e…
“Ti voglio bene”, arrivò a brucia pelo la voce di Liang seduto accanto a lei.
Si voltò a guardarlo, era intento a polire la mani del fratellino rese appiccicose da frutta e marmellata.
“Sono ancora arrabbiato, ma questo non vuol dire che non ti voglia bene, solo… cerca di arrivare prima la prossima volta, ok?”
Lan-Chen annuì, per poi sporgersi di getto per bacialo su una guancia.
“Blaaah, mamma che schifo!” protestò il ragazzino.
“Che c’è, sei diventato troppo grande per i baci?” Sghignazzò lei, prendendo a sbaciucchiarlo come quando faceva quando era più piccolo.
“Ma mammaaa!” lagnò ancora.
Kimo e Pete scoppiarono a ridere all’improvviso.
“Io non sarò mai troppo grande per i baci!” ci tenne a sottolineare Miori con tono solenne, appena posato il suo bicchiere, da sotto spessi baffi di frullato.
Tutto sembro bloccarsi per qualche secondo a quell’intervento che aveva spostato l’attenzione dei presenti sul piccoletto di mezzo.
“Ahhh, è così dunque!” dichiarò con fare minaccioso Lan-Chen decidendo di cambiare vittima e allungandosi dal lato opposto per accontentare Miori.
“Anche io, anche io” reclamò Tori tra le sue braccia sollevando le manine per prendere il viso della sua mamma.
“Mamma, baciooo!” …e Juju, ovviamente, seguì a ruota, rischiando di cadere dalle gambe del fratello.
Lan-Chen non se lo fece ripetere due volte.
Risero e risero di gusto a quelle sciocchezze tutte loro, malgrado il sonno, malgrado la stanchezza, perché erano una famiglia e questa era l’unica cosa davvero importante e, a guardare bene, anche in una giornata storta si poteva trovare del bello… anche una giornata storta, prima o poi finisce.