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Titolo: Troppo timidi

Cow-t 9, sesta settimana, M1.
Prompt: “Parità
Numero parole: 2634
Rating: Verde
Fandom: Miraculous - Le storie di Ladybug e Chat Noir

Introduzione: E se non esistessero Ladybug e Chat Noir? Se Gabriel non fosse mai entrato in possesso del Miraculous della Farfalla? Come sarebbe andata tra Marinette e Adrien senza Tikki e Plagg a consigliarli? Si sarebbero comunque avvicinati, si sarebbero trattati da pari, malgrado i diversi ambienti dai quali provenivano?
Genere: Romantico, introspettivo
Coppia: Adrien/Marinette
Avvertimenti: What if?

 

--- --- ---

 

“Ce la posso fare!” si incoraggiò Marinette. In mano teneva ben stretto il regalo di compleanno che aveva confezionato per Adrien. Quest’anno ci sarebbe riuscita, se la sentiva: avrebbe finalmente dato il suo regalo al ragazzo. Quel dono non avrebbe fatto la fine di tutti gli altri, impacchettati e riposti nella cesta sotto il lume, dopo non essere riuscita a consegnarli, come avveniva anno dopo anno da quando il ragazzo si era iscritto alla sua stessa scuola.

 

Prese un profondo respiro. Tutta quella situazione era assurda, ma più di ogni cosa era assurda lei. Lei e quella sua stupida timidezza.

No, questo non era del tutto vero: non era esattamente timidezza la sua, non poteva esserlo, perché quello strano senso di inadeguatezza e di insicurezza le piombava addosso come un macigno solo quando si trattava di Adrien. Con tutti gli altri compagni lei era… era semplicemente lei, un po’ goffa a volte, ma senza quell’assurda paura di mettersi in gioco.

La questione vera era che lui… lui era Adrien Agreste: figlio di Gabriel ed Emilie Agreste, padre stilista di fama internazionale e madre attrice. Bellissimo, incredibilmente talentuoso e… da quando frequentava la sua stessa classe, Marinette aveva scoperto quanto fosse gentile. Incredibilmente gentile e quella che era cominciata come una semplice infatuazione si era tramutata in una vera e propria cotta per il bel modello.

Ma… quale cotta!

Inutile mentirsi, sapeva benissimo di aver completamente perso la testa per Adrien, per i suoi capelli biondi, per i suoi incredibili occhi verdi e per i suoi sorrisi… cielo, quanto amava quei sorrisi.

Ogni vota le spezzavano il fiato al punto da dover ricordare al suo cuore di continuare a battere. Perché era questo… lui era eccezionale, mentre lei… lei era solo la figlia di un umile fornaio.

 

Sospirò. Adrien era ormai a pochi passi da lei a chiacchierare con l’amico Nino.

Sospirò e… si voltò ed entrò in classe.

Anche questo regalo sarebbe finito con gli altri e mai aperto.

 

“Allora glielo dato? Che ha detto?” Le chiese euforica Alya appena Marinette si sedette al banco.

Lei si limitò a dedicarle un sorriso arreso e a guardare quel pacchetto riposto nella cartella, soffermandosi qualche secondo nel farlo, prima di sfilare il libro di testo per la prima lezione.

“Oh, Marinette…” arrivò la voce dell’amica, accompagnata da un caldo abbraccio per confortarla.

“Non importa”, disse lei stentando un sorriso, “Sarà per la prossima volta.”

Alya la guardò amareggiata, forse dubbiosa, ma non commentò quella sua ennesima vigliaccata. Perché era stata questo: una vigliacca. Troppo insicura. Troppo… certa di essere davvero troppo poco per il ragazzo dei suoi sogni.

 

Quasi senza rendersene conto volse lo sguardo verso il banco di Adrien: Il resto della classe, chi più chi meno, gli erano accanto con i loro doni.

Lei sarebbe figurata anche quest’anno solamente nel biglietto del regalo di classe, una tra i tanti nomi, non come Chloè o Nino che ogni volta avevano un pensiero speciale per lui.

Ed eccola Chloè, odiosa quanto ricca e… bella. La figlia del sindaco di Parigi.

Con un gesto di stizza la osservò allontanare il regalo della classe e quello di Nino, per poi fare cenno a Sabrina di passarle il suo, infilandolo con la solita irruenza sotto il naso di Adrien.

Adrien, il bel Adrien, come al solito aveva reagito indietreggiando, incerto tra l’essere meravigliato o imbarazzato dall’atteggiamento dell’amica d’infanzia (perché Chloè era anche questo: una cara amica di Adrien, l’unica negli anni successivi alla morte della madre), ma alla fine scartò il regalo.

Marinette non vide cosa fosse racchiuso nello sgargiante pacchetto, ma sentì chiaramente Adrien domandare come Chloè avesse fatto a sapere quanto lo desiderasse.

 

Un nuovo sospiro gonfiò lentamente il petto di Marinette. Alya si voltò di nuovo verso di lei e le sorrise affettuosa, posandole una mano sulla spalla come per rincuorarla. Ahhh, quanto la conosceva la sua migliore amica!

Quanto avrebbe voluto avere anche solo un decimo della fiducia in se stessa di Alya, ma… Alya era Alya, mentre lei era… solo Marinette.

 

Distrattamente tornò ad osservare Adrien. Forse era quella l’unica cosa che fosse realmente in grado di fare, ammirarlo da lontano, sempre troppo nervosa anche solo per avvicinarlo, figuriamoci riuscire a parlargli.

Proprio in quel momento però Adrien si voltò verso di lei. Soffermò lo sguardo nel suo e le sorrise.

 

Le guance della ragazza presero immediatamente fuoco. Un incendio che prometteva di divampare maggiormente nel momento in cui lo vide muoversi di un passo nella sua direzione e aprire la bocca come per dirle qualche cosa, quando Chloè, la solita terribile Chloè, lo afferrò per un braccio riportandolo indietro, accanto a lei.

 

Una parte di Marinette tirò un sospiro di sollievo, malgrado la linguaccia stizzita che gli lanciò quella bionda viziata di Chloè Bourgeois non appena fu certa che Adrien non l’avrebbe notata.

Perché era sempre tanto odiosa e cattiva con lei?

Per quanto si sforzasse di capirlo la risposta non sembrava esistere davvero: erano così diverse Marinette e Chloè. La bionda arpia aveva tutto, lei invece… non aveva poi molto, oltre i suoi sogni e quell’amore non corrisposto che le divorava l’anima.

 

Quella sera, come tante altre, di ritorno a casa dopo il pomeriggio di studio con le sue compagne, Marinette aveva gettato il regalo nella vecchia cesta dei giocatili di quando era bambina. L’aveva lanciato senza premura, fiondandosi poi con il viso nel cuscino del letto e… scoppiando a piangere.

 

Non avrebbe mai rivelato i suoi sentimenti a Adrien, come poteva… sciocca lei ad illudersi ancora eppure… eppure ci aveva provato. Aveva davvero tentato con tutta se stessa di non pensare più al ragazzo, di allontanarlo dai suoi pensieri e così, sperava, anche dal suo cuore, ma… lui era sempre lì.

Poco sembrava fosse contato che Marinette avesse staccato i poster di Adrien dalla parete, se guardava esclusivamente i suoi piedi quando camminava in strada per evitare di imbattersi nelle pubblicità che ritraevano il ragazzo e che sembravano essere in ogni dove per le vie parigine. Poco importava… perché… quel sentimento era sempre lì, non voleva proprio abbandonarla, ma… perché?

Era così ingiusto. Come poteva struggersi talmente per un amore che non era destinato a… nulla!

 

L’amore, a volte, non era affatto bello come raccontavano i poeti, troppo spesso era crudele, doloroso e assurdo e questo Marinette lo provava ogni giorno sulla sua stessa pelle.

 

 

La festa del diploma finalmente!

Adrien non avrebbe mai pensato solo cinque anni prima di frequentare il Collège Françoise Dupont, figurarsi poi riuscire addirittura a diplomarsi insieme a dei suoi coetanei a dei suoi… amici.

Gettò uno sguardo ai ragazzi della sua classe in attesa, come lui, di essere chiamati per ricevere il loro tanto sudato attestato.

La verità era che, cinque anni prima, non avrebbe mai nemmeno creduto di poter avere degli amici.

 

Sorrise, volgendosi verso il padre: Gabriel Agreste sedeva al suo fianco in attesa anche lui che la il momento Clou della cerimonia avesse inizio, accanto a Nathalie Sancoeur.

Chi lo avrebbe mai detto, suo padre e Nathalie!

C’era voluto del tempo, ma alla fine era avvenuto tutto in maniera così naturale e, quasi senza accorgersene, si erano ritrovati ad essere una famiglia. E, sì, anche suo padre dopo anni passati nella disperazione e nella paura di perderlo, di perdere suo figlio così come aveva perso sua moglie, si era innamorato di nuovo.

 

Adrien era convinto che molte delle libertà che lentamente e a fatica era riuscito ad ottenere dal padre fossero in parte merito di Nathalie, ma lei non sembrava voler vantare meriti al riguardo, quindi… lo considerava una specie di segreto non detto, qualcosa di tutto loro che si traduceva in sporadici sorrisi di complicità quando il padre non guardava. E… andava bene così!

Andava bene, perché, dopo tanto tempo, aveva finalmente tutto quello che desiderava: un rapporto vero con suo padre, degli amici, una vita come quella di tutti gli altri ragazzi della sua età. Eppure…

Si sentiva ingrato anche solo a pensarlo, ma… sentiva come se gli mancasse ancora qualcosa.

Anzi, a dire il vero, non lo sentiva e basta, sapeva perfettamente di cosa si trattava.

 

Lo sguardo sorvolò i suoi amici uno ad uno, fino a posarsi istintivamente su Nino.

Il suo miglior amico, non appena i loro sguardi si incontrarono lo salutò con un sorriso e un’alzata di pollice che Adrien ricambiò al volo.

Nino sedeva accanto ad Alya. Nino e Alya… e dire che gli erano parsi così differenti l’uno dall’altra all’inizio della scuola, quasi agli antipodi, poi, lentamente erano diventati inseparabili.

 

Prese un profondo respiro.

Negli anni i suoi compagni di classe avevano intrecciato diversi amori: alcuni avevano sofferto, altri si erano lasciati, ma ognuno di loro aveva trovato il modo di dichiarare i suoi sentimenti a chi aveva nel cuore. Tutti. Tutti, tranne lui.

 

Le occasioni non gli erano certo mancate, era un modello e un attore famoso già da prima che la sua avventura scolastica cominciasse, ma stupidamente sperava di poter stare con qualcuna che gli facesse battere il cuore, che glielo facesse battere davvero; questo era stato il motivo principale per cui aveva rifiutato più volte Chloè, anche se con il dispiacere nel cuore.

Voleva davvero bene a Chloè, anche se a volte lei sapeva essere incredibilmente odiosa; la conosceva da prima che il mondo l’indurisse tanto da renderla quella che tutti conoscevano; da prima che decidesse di prendere la vita a schiaffi per evitare che fosse lei a venirne schiaffeggiata. Sapeva che, come lui, Chloè era stata una figlia lasciata a se stessa, riempita di regali costosi, d’impegni, di doveri e di poco, se non nessun affetto, nulla almeno che non si potesse comprare con il denaro.

 

Per un po’ Adrien aveva pensato di provare dei sentimenti per Kagami, ma aveva capito presto che, per quanto la ragazza con lui fosse disponibile e gentile, non aveva bisogno di altre regole nella sua vita. Non ne voleva.

Cielo! A volte avrebbe desiderato essere libero come un gatto, di poter gironzolare sui tetti di Parigi, senza nessuno che gli dicesse cosa dire o cosa fare, ma… il destino l’aveva fatto nascere Adrien e Adrien era figlio unico di un padre illustre ed iperprotettivo.

 

Un sospiro gli scosse il petto inaspettato. Suo padre era cambiato, anche lui aveva trovato qualcuno che riempisse di nuovo la sua vita, ma… non Lui, non Adrien.

Scioccamente, come era successo altre volte prima di quella, si trovò a guardare poco più in là: “Marinette Dupain-Cheng”, gli sussurrò la sua mente, l’unica ragazza della classe che sembrava trovare piacevole parlare con tutti, tranne che con lui.

Doveva trovarlo davvero antipatico, malgrado i suoi innumerevoli sforzi per non risultarle tanto sgradevole.

Adrien non riusciva a contare più le volte che la ragazza, vedendolo, aveva cambiato strada o si era nascosta dietro la sua stessa cartella. E dire che, dalla prima volta che l’aveva vista, aveva pensato lei avesse un sorriso dolcissimo, ma quel sorriso sembrava non essere mai per lui.

A lui spettavano solo sorrisi tirati e parole dette a mezza bocca.

 

Sospirò ancora, ma… stavano chiamando il suo nome, era ora di andare, inutile perdersi in sciocchi ragionamenti: dopo quel diploma, Marinette non sarebbe più stata costretta a incontrarlo tutti i giorni e forse lui avrebbe smesso di sperare che dedicasse per una volta, almeno per una volta sola, uno di quei suoi radiosi sorrisi anche a lui.

 

Poi… solo qualche ora dopo: “Marinette, posso parlarti un momento?”

“A… Adri… Adrien?” balbettò la ragazza, voltandosi e trovandoselo di fronte.

Il ragazzo sospirò intimamente. Ma che diamine gli era passato per la testa?

Era stata solo una botta di matto e già se ne stava pentendo, forse avrebbe fatto meglio a trovare una scusa e ad andarsene alla svelta: Marinette non lo sopportava e quel bofonchiare insensato era solo la riprova dei tentativi della ragazza di essere carina con lui anche se controvoglia e, con molta probabilità, unicamente per non avere problemi, dato che lui era l’idolo di buona parte dei parigini. Ma… l’aveva vista riporre i cartelli della pasticceria del padre mentre tornava a casa e aveva chiesto al suo autista di fermarsi.

Perché?

Perché voleva sapere… voleva capire cosa le avesse mai fatto di tanto grave da essere detestato a quella maniera e qualcosa gli diceva, che non avrebbe avuto altre possibilità (ne avrebbe bevuto altrettanti drink che gli sciogliessero la lingua) oltre quella.

 

“Già!” affermò lui, poi, passandosi una mano tra i capelli: “Allora? Ti va di parlare un attimo?” cercò di rimarcare, intimidendosi con un ragazzino delle medie.

“Chierto… chiaro. Cioè, certo. Certo, dimmi lutto… tutto.” La vide sospirare dopo aver a fatica trovato la voglia di parlargli.

“Ok”, riprese lui, passandosi una mano tra i capelli, ancora più imbarazzato di poco prima a quella reazione, “allora, vado subito al punto, così mi tolgo dai piedi.”

“Già. Cioè no, non sei tra i vetri. Piedi. Tra i piedi!” tentò di riprendersi Marinette, ma i suoi veri pensieri erano stati sufficiente chiari ad Adrien da quella sua prima affermazione.

“Ahhh, scusa. Ho sbagliato ad avvicinarmi, non volevo importunarti”, inutile continuare a stare lì, lei avrebbe fatto come sempre: gli avrebbe sorriso in maniera tirata, dicendo che andava tutto bene, mentre invece… non c’era nulla che andasse davvero bene, perché (accidenti!) erano cinque anni che desiderava solo che gli sorridesse, che sorridesse per una volta solo a lui!

Si voltò per tornare all’automobile.

 

“No, no, no! fermo, non andare”, disse prontamente Marinette, muovendo le mani alla rinfusa davanti al viso.

Qualcosa a metà tra lo stomaco e il cuore le suggeriva che se non gli avesse parlato in quell’esatto momento, non avrebbe più avuto la possibilità di farlo.

Era un pensiero sciocco forse, ma… la scuola era finita, avrebbero preso ognuno la sua strada e… chissà? Lavorare come apprendista proprio sotto Gabriel Agreste non le dava la certezza di poter continuare a vedere Adrien, anche se averne l’occasione era stato uno dei motivi che l’aveva spinta a scegliere quella soluzione, anziché accettare l’offerta di andare a New York con la critica di moda Audrey Bourgeois ad inseguire il successo.

“Dici sul serio? Sul serio vuoi parlare?” disse Adrien, bloccando il suo passo.

Marinette annuì freneticamente.

Adrien abbassò il capo, facendosi pensieroso, prima di risollevarlo di colpo per gettare in quelli della ragazza i suoi incredibili occhi verdi.

“Mi dici perché mi odi tanto, Marinette?” le domandò a bruciapelo.

“Ch… Che? Odiarti? Ma io non ti odio, Adrien. Anzi tutto il contr…” lo stupore di quella domanda venne bloccato dalle sue stesse mani che le tapparono la bocca, nel rendersi conto di cosa stava per lasciarsi sfuggire dalle labbra.

“Se non mi odi, allora perché mi tratti come fossi un appestato?”

“Io non…” ma Adrien continuava a parlare senza darle spazio d’intervenire.

“E dire che mi sei sempre piaciuta, Marinette, eppure per te sono esistiti solo ed esclusivamente gli altri.”

Adrien? Lei piaceva ad… Adrien?

“Non ho mai potuto fare altro se non ammirarti da lontano. Ammirare i tuoi sorrisi, l’entusiasmo che mettevi in tutto quelle che facevi, il modo con cui guardavi fuori dalla finestra ogni mattina a ricreazione e… non ti vedrò più guardare fuori da quella finestra e solo il pensiero mi fa stare male, mi fa scoppiare il cuo…”

Doveva farlo smettere di parlare, doveva assolutamente fargli capire che non lo disprezzava come credeva, che la verità era tutt’altra e… si mosse in automatico: gli getto le braccia al collo e lo baciò come aveva sempre e solo desiderato di poter fare prima di quel momento e lui… beh, lui, dopo un primo istante di sorpresa, ricambiò quel bacio, stringendola con tenerezza tra le braccia.

 

Incredibile! Era stata anni ad ammirare Adrien da lontano, troppo imbarazzata per riuscire ad avvicinarlo, che non si era mai accorta che anche per il ragazzo era stato lo stesso.

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