Zuccherini e Cioccolata calda
Feb. 27th, 2019 11:00 pm![[personal profile]](https://www.dreamwidth.org/img/silk/identity/user.png)
Titolo: Zuccherini e Cioccolata calda
Cow-t 9, terza settimana, M1.
Missione: “AU, FLUFF, LEMON”
Numero parole: 4565
Rating: Rosso
Fandom: Voltron: Legendary Defender
Introduzione: Modern!AU. Shiro è un agente di polizia, Pidge una studentessa all’ultimo anno dell’Università. Una tranquilla convivenza si trasforma in qualcosa di diverso.
Genere: Romantico, Fluff
Coppia: Shiro/Pidge
Avvertimenti: Het, AU, Lemon
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“Non ora che ho finalmente qualcuno da chiamare mio”, aveva detto Pidge a Lance, ma... quanto poteva definire “Suo” Takashi Shirogane, se non aveva la ben che minima idea di cosa fosse quella situazione tra lei e il miglior amico del fratello?
Per lei, Katie Holt, per gli amici Pidge, da quando era andata a vivere con Shiro e Keith erano cambiate molte cose. Il due fratelli erano buoni amici di famiglia. Shiro oltretutto era un poliziotto, una persona fidata e i Suoi, Matt per primo, non avevano visto alcun problema a consigliare loro di dividere l’appartamento con la ragazza. La sua famiglia avrebbe avuto chi badava a lei, mentre i due fratelli qualcuno con cui dividere l’affitto. E tutto era andato bene, tutto, fino a tre giorni prima.
Tre giorni prima, quando l’università aveva chiuso per la pausa invernale e Keith era tornato alla loro vecchia casa in Arizona per passare le feste con la madre.
Tre giorni prima, quando Shiro l’aveva baciata.
E… tutto il suo mondo si era come capovolto di colpo, anzi no: era impazzito. Era del tutto e irrimediabilmente impazzito!
Da quel primo bacio ogni cosa sembrava essersi susseguita vorticosamente, mentre si sentiva essere diventata preda di una frenesia ribollente che le aveva catturato i sensi, stravolgendola: cercare di cucinare qualcosa di commestibile, per far trovare all’altro un piatto caldo al suo ritorno, era stato il minimo. Era arrivata a chiamare il suo amico Hunk nelle ore più improbabili solo per farsi suggerire ricette che le permettessero di vedere Shiro mangiare di gusto quello che aveva preparato.
E quei suoi sorrisi... Cielo!
Quei sorrisi che la scaldavano dentro, riuscendo a farla sentire speciale non solo per la sua intelligenza o per quello che gli altri si aspettavano da lei, ma… solo perché era lei, semplicemente perché era lei.
Lei che, per quanto ne volessero dire gli altri, si era sempre sentita poco importante, diversa, mai realmente accettata.
E proprio la sera prima, uno di quei sorrisi l'aveva colpita al cuore poco prima che l’agente decidesse che la panna del dolce era più saporita se leccata dalla sua pelle.
Povera torta e povere lenzuola!
Si era svegliata quella mattina accoccolata contro il corpo del poliziotto: la testa sul suo petto e la sensazione di quella mano calda e forte che le accarezzava i capelli con lenta dolcezza.
Alle sue deboli proteste sul perché non l'avesse svegliata prima, Shiro le aveva rivolto uno di quei suoi incredibili sorrisi e le aveva detto candidamente: “Mi piace guardarti dormire.”
Pidge era avvampata a quelle parole, scegliendo nel suo imbarazzo di tornare a posare il capo sul petto del ragazzo e lasciare che continuasse ad accarezzarla. Era stato piacevole, ma le era parso fosse durato troppo poco quando la voce di Shiro era arrivata leggera, ma seria: “Lo sai che prima o poi inciamperò.”
Non era stata una domanda, ma Pidge aveva alzato comunque il viso alla ricerca del suo sguardo e aveva trovato quei suoi eccezionali occhi grigi a fissarla in attesa di qualcosa.
Gli “inciampi” di Shiro, quelli che gli erano valsi il tira e molla prima e la rottura con Adam poi. Quelli di cui sapeva ogni particolare, visto che era lei, la sua coinquilina da quasi cinque anni, quella con cui l'amico riusciva a sfogarsi (non volendo e non potendo pesare sulle spalle del fratello) del disgusto che provava per sé stesso nel non riuscire a trattenersi quando prendeva fuoco, che fosse per rivalsa o per passione.
Quasi in automatico Pidge gli aveva risposto: “Ti conosco, Shiro. Conosco il senso di rivincita che ti brucia dentro, c’ero quando sei stato ferito e so quanto è importante per te dimostrare quanto vali, basta… mi basta solo che tu non me li nasconda.”
Shiro non aveva fiatato alle sue parole, se l’era stretta forte al petto.
Pidge si era lasciata coccolare dal battito del cuore del ragazzo, sempre più accelerato, fin tanto non si era sciolta da quell'abbraccio, appena, quanto bastava per scivolargli meglio addosso per sollevarsi su di lui e guardarlo negli occhi.
“Tra quanto devi alzarti?”
Shiro aveva spiato la sveglia sul comodino per poi sorriderle: “Ho ancora un'oretta.”
“Ottimo allora”, aveva sussurrato lei, mentre scendeva a catturargli le labbra con le sue.
Il poliziotto aveva finito con l’alzarsi in leggero ritardo rispetto a quanto dovuto ed era stato solo per quel motivo che Pidge aveva rinunciato a seguirlo sotto la doccia e non sentirsi tentata da quel corpo perfetto (troppo perfetto, maledizione!), col rischio di farlo ritardare ulteriormente.
Lo aveva aspettato accucciolata nel letto del ragazzo, tra le lenzuola che emanavano ancora il leggero profumo speziato del suo dopobarba, che sapevano di lui. Lo aveva osservato indossare la divisa con gesti precisi e misurati e quando si era alzata per accompagnarlo alla porta, Shiro si era seduto sul letto accanto a lei.
“Non occorre”, le aveva detto, continuando poi con un pizzico di malizia: “riposa ancora un poco, non ci siamo concessi molto sonno in questi giorni.”
L'aveva baciata con una dolcezza che Pidge aveva sentito talmente intensa da farle venire la voglia di piangere, felice che fosse rivolta a lei, e a lei soltanto, mentre si assaporavano con calma.
Si era riaccoccolata tra le coperte, mentre le labbra di Shiro le avevano posato calde sulla fronte “Buon riposo, tesoro”, prima di alzarsi e andare.
Di colpo gli occhi di Pidge si spalancarono mentre quasi rischiava di inciampare sui suoi stessi piedi. “Tesoro?!”, mormorò attonita.
“Perché mi ha chiamata Tesoro?” si chiese, sorpresa di non averlo ricordato fino a quel momento.
Al suo risveglio aveva chiacchierato un po’ con Keith al telefono. Il ragazzo le era sembrato molto più calmo dell'ultima volta che si erano sentiti, benché la situazione con Lance non si fosse ancora chiarita. Si era poi preparata di tutto punto, tanto da sembrare una donna vera e non il solito topo da biblioteca (altro orribile sintomo di quanto il suo mondo fosse stato sconvolto in così pochi giorni) e si era recata nell’ufficio di Shiro con il pranzo per lei e per il ragazzo; una sorpresa che doveva essergli stata davvero gradita dato il sorriso che le aveva rivolto prima di trascinarsela nell'ufficio deserto di Allura, il suo capo, che aveva lasciato a lui, il suo vice, l’onere di controllare la stazione trovandosi costretta a letto con una febbre da cavallo.
Pidge non avrebbe più guardato la scrivania del capo della polizia alla stessa maniera, questo era poco ma sicuro!
Dopo l'euforia di quei momenti le era quasi pesato di dover andare da Lance...
La ragazza s'impose di non deviare con il pensiero e di rimanere concentrata su Shiro. Lui era una delle sue persone più care e doveva ragionare bene su tutta quella situazione, lo doveva a entrambi, non solo a sé stessa, ma per Pidge tutto quello era nuovo: infondo, che ne sapeva lei di relazioni?
Senza volerlo le tornò alla mente una voce arrogante e irrisoria: “Sicura che chi ti cerca non lo faccia solo che per la tua fama?”
Strinse le labbra stizzita per sentirsi ancora ferita dal ricordo delle parole dette da James quando era solo una ragazzina.
Era giovane, orgogliosa e… sciocca, all’epoca. Talmente sciocca da credere alle parole di un bel faccino che aveva mollato proprio perché oltre all’aspetto c’era davvero molto poco.
Scosse il capo come a voler allontanare quel pensiero.
“Shiro, pensa a Shiro, Pidge” si disse da sola, tornando al filo dei suoi pensieri.
Aveva già visto Shiro comportarsi in quel modo con Adam: i sorrisi dolci, i nomignoli teneri, la gentilezza disarmante e la fissazione per il sesso.
D'improvviso un pensiero divenne lampante nella mente della ragazza: lei e Shiro stavano insieme.
Sfortunatamente, era talmente assorta in quella sua realizzazione da non notare il palo del cartello delle indicazioni stradali contro cui finì per sbattere malamente.
“E meno male che non correvo”, si trovò a pensare mentre si massaggiava il naso dolorante.
“Ahi!” si lamentò ancora, ringraziando che a quell'ora non ci fosse molta gente in giro ad assistere alla scena.
Vedeva già i titoli dei fantomatici giornali del giorno dopo: “Genio dell’Ingegneria Aerospaziale picchia contro povero palo indifeso!”
L’ironia per la figuraccia non placò però l'agitazione che sentiva dentro.
Lei e Shiro stavano insieme, i sintomi c'erano tutti.
Da parte sua il già citato desiderio di fargli piacere, il desiderio del contatto dei loro corpi, la bramosia di sentirselo vicino mentre si rilassavano l'una tra le braccia dell'altro e, per assurdo, anche fare le solite cose per casa aveva assunto un altro sapore.
Pidge ricordava bene che la prima cosa alla quale aveva pensato quando Lance le aveva chiesto se veramente avesse qualcuno, erano stati gli occhi di Shiro.
Quel maledetto poliziotto si era infilato di prepotenza nei suoi pensieri e nel suo letto, facendo passare in secondo piano qualunque cosa non fosse “Lui”.
Lui e i suoi sorrisi.
Lui e i suoi incredibili occhi grigi.
Lui… e Pidge si rendeva conto di esserci rimasta invischiata irrimediabilmente.
E Shiro?
L’aveva baciata con un pizzico di sadismo e preoccupazione, furioso con lei per non essersi confidata e con sé stesso per non essersi accorto prima del suo tormento interiore nel trovarsi a spingere la persona che le piaceva tra le braccia di un’altra solo per venderla felice.
Probabilmente Shiro aveva voluto darle qualcosa a cui pensare che la scioccasse abbastanza da distoglierla da ciò che la faceva soffrire e… c’era riuscito.
Ahhh, se la conosceva!
Shiro avrebbe dato l'anima per quelle poche persone che riteneva preziose.
Conoscendolo, si era sentito in colpa perché non c'era stato mentre lei soffriva per quel cretino di suo fratello. Si era reso conto di quanto si era sentita, e si sentiva, sola e aveva deciso darle il conforto di cui necessitava.
Aveva sicuramente agito d'istinto, come suo solito, mettendo entrambi in quella condizione e senza alcuna via di fuga.
Idiota!
Se Pidge non si fosse sentita confortata dalle reazioni di Shiro in quei giorni, che le avevano mostrato quanto gli fosse piaciuto quello che si era creato tra loro, lo avrebbe strangolato a mani nude per averli ficcati in una situazione del genere: lei e il migliore amico di suo fratello.
Al solo pensiero un brivido gelido le corse lungo la schiena.
Matt sicuramente non l’avrebbe presa bene, ma…
Si sentì le lacrime salirle agli occhi nel ricordare quanto era stato male Shiro dopo che Adam lo aveva lasciato.
Ricordava le notti in cui era tornato ubriaco e le si era addormentato piangendo tra le braccia.
Era stato così strano e terribile vedere il suo amico, normalmente tanto forte, cadere in pezzi, cosciente di essere stato lui l’unico responsabile di tutto quello che era avvenuto.
Ricordava i problemi che aveva avuto a lavoro, i richiami disciplinari, e se non fosse stato per Allura, che oltre a essere il suo capo era anche una buona amica, la cosa avrebbe davvero rischiato di rovinargli la vita.
Si bloccò nel suo andare, le lacrime e i singhiozzi le impedivano di vedere bene.
Attese qualche attimo, mentre il mondo intorno a lei sembrava aver preso a scorrere più velocemente di quanto i suoi sensi riuscivano a percepire, fin tanto quello stato non parve quietarsi.
Teneva davvero così tanto a quel ragazzo?
Possibile che non se ne fosse mai accorta?
Possibile che avesse sempre creduto di avere una cotta per Keith, mentre invece…
Invece…
Pidge attese che il semaforo scattasse al verde. Attraversò, lasciandosi cullare da un’andatura lenta che non le apparteneva, mentre un pensiero amaro si affacciava con rudezza alla sua mente: c'erano al mondo persone come Shiro e Lance che nonostante ne avessero passate di cotte e di crude andavano avanti a testa alta, e lei si era distrutta anni per qualcosa che non era mai stato destinato a diventare realtà; nulla di più di una fantasia romantica nella sua testa.
Quanto si sentiva piccola e stupida Pidge, altro che il grande genio della sua generazione che tutti acclamavano e solo per aver ideato un nuovo sistema d’interfaccia neurale per gli impianti cibernetici.
“Stupida, stupida Pidge!”
Senza contare che quel sistema d’interfaccia l’aveva progettato proprio per loro, i suoi amici. Gli amici di Matt, prima, ma poi, da quando si era trasferita nella grande città per poter frequentare ingegneria, erano diventati anche i suoi amici.
Dopo l’incidente Adam e Keith erano distrutti e la famiglia di Lance devastata.
Non avrebbe mai dimenticato i loro visi, quando i medici avevano detto che non erano riusciti a salvare né il braccio di Shiro né le gambe di Lance.
Era stato da quel momento che con Hunk e Matt si era buttata a capofitto in quel progetto e, un anno dopo, c’erano stati i primi risultati.
Certo c’era ancora da lavoraci, ma, per la prima volta, Pidge aveva capito che poteva davvero farne qualcosa di tutte quelle nozioni con cui si era riempita il cervello, di tutto quello che aveva appreso negli anni: poteva fare del bene, poteva cambiare le cose.
E sicuramente le vite di quei due poliziotti le aveva cambiate.
Era stato da quel brutto incidente che le cose tra Shiro e Adam avevano cominciato a degenerarsi.
Adam era stato forte per entrambi, ma quando Shiro aveva voluto tornare a fare il poliziotto, non aveva più retto. Una parte di Pidge era convinta che ancora l’amasse, ma…
Non poteva non pensare a come avesse tremato di passione tra le braccia di Shiro durante quella prima notte insieme, completamente avviluppata da quel fuoco che li aveva divorati entrambi.
Era innegabile che fosse piaciuto anche a lui, e tanto, dato il modo in cui il giorno dopo, appena di ritorno a casa, l’aveva letteralmente assalita sulla porta d’ingresso, da come l’aveva sollevata di peso e portata sul divano.
Pidge lo aveva lasciato fare inebriata da quel lato del ragazzo che non conosceva, quel lato passionale e selvaggio che l’aveva travolta e sconvolta al punto da non riuscire a pensare ad altro.
Ricordava come quasi non avessero toccato cibo prima di ricominciare ad amarsi e, al solo pensiero di quel pomeriggio, sentiva di nuovo un nodo stringerle lo stomaco, proprio come quando era stata costretta a lasciarlo andare per tornare al lavoro.
E, quella stessa sera, chiedere a Shiro di possederla ancora una volta era stato naturale come respirare.
Stavano insieme.
Se tutto il suo ragionamento potesse essere solo una supposizione del suo cervello fantasioso fino a quella mattina, quelle poche parole dette piano nella penombra della camera da letto dalla voce di Shiro erano la conferma che la sua ipotesi era tutto fuorché infondata.
Era stata sua confidente per anni, era con lei che Shiro aveva sfogato tutta la frustrazione per il suo comportamento e il dolore per i problemi procurati a quello che era stato l’uomo della sua vita.
Come amica Pidge non necessitava di avvertimenti per una situazione che conosceva bene: il comportamento compulsivo, troppo competitivo di Shiro dopo l’incidente, quella necessità di rimarcare a fuoco il suo non aver nulla in meno degli altri.
Gli avvertimenti erano per gli interessi romantici, quindi… non poteva essere diversamente: lei e Shiro stavano insieme, non facevano solo sesso e quello era stato il modo del ragazzo di farglielo sapere.
“Perché gli idei sembrano vietare a quello stramaledetto Paladino della Legge di parlare, almeno una singola volta, in maniera chiara e diretta!” e… ora stava sicuramente aspettando che Pidge ci arrivasse.
La giovane scienziata si asciugò per bene il viso dalle lacrime, guardandosi intorno disorientata per un attimo, prima di scoprirsi a pochi passi da casa.
Si sentiva una ragazzina alla prima cotta, emozionata e confusa. Avrebbe così tanto desiderato confidarsi col fratello, ma parlarne a Matt era fuori discussione.
“Sai Matthew, credo di starmi prendendo una bella sbandata per il tuo miglior amico, hai presente, vero? Quello a cui hai chiesto di tenermi lontana dai guai.”
Impensabile.
Questo era qualcosa con cui doveva sbrigarsela da sola.
Decise di non arrovellarsi il cervello in sciocche strategie e vedere dove la situazione l'avrebbe portata. Aveva una strana sensazione di paura anche al solo pensare di dare un nome a ciò che provava per Shiro e insieme uno sciocco brivido d’aspettativa.
“Idiota!” mormorò, diretto al poliziotto dagli occhi grigi che non era lì accanto lei. “Mi hai stravolta in pochi giorni, fattene una ragione e prenditi le tue responsabilità.”
Si ritrovò a sorridere mentre affrettava il passo. Non vedeva l'ora che il suo ragazzo uscisse da lavoro.
“Il suo ragazzo...” suonava proprio bene.
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Quando sentì la porta aprirsi e annunciare “Sono a casa” dalla voce di Shiro, Pidge emerse dalla cucina per andargli incontro.
“Ciao tesoro, ben tornato.”
Non gli diede tempo di scuotersi la poca neve che aveva sulle spalle, né tanto meno di risponderle, che gli gettò le braccia al collo, baciandolo con trasporto.
Sentì le braccia del poliziotto circondarla prontamente per stringerla a lui.
Quando le loro bocche si divisero il ragazzo le sorrise teneramente.
“Ciao anche a te, Tesoro.” Una nuova, lieve carezza sfiorò le loro labbra. “Sei calda e sai di buono.”
Pidge sorrise a sua volta, rubandogli un altro fugace bacio, prima di sfuggirgli dalle braccia prendendogli una mano tra le sue, trascinandolo dolcemente verso il salotto.
“È una giornata fredda, oggi, quindi…” spiegò con ingenua lascività nel tono, mordendosi appena le labbra, “…ho pensato di accendere il camino e preparare una cioccolata calda.”
Il sorriso di Shiro si allargò, mentre si lasciava trascinare senza porre alcuna resistenza. “Katie, non tentarmi... volevo portarti a cena fuori, stasera, e così rischiamo di fare il bis della panna.”
Pidge accenno un risolino divertito, per mascherare quel pizzico di rossore che le aveva riscaldato il viso. “È presto, per uscire…” lagnò scherzosa, fermandosi dall’indietreggiare solo per tirarlo a sé e ricercare ancora una volta le sue labbra.
Si attardarono in quel bacio gustando a vicenda una le premure dell’altro.
Le mani di Pidge fecero scivolare lentamente la giacca della divisa dalle spalle del ragazzo.
“Katie...” le mormorò accaldato da quel gesto, labbra a labbra, facendola sorridere, mentre…
Lei, scostandosi nuovamente da lui, si sollevò sulle punte per soffiargli in un orecchio: “Ho preso anche quegli zuccherini che ti piacciono tanto...”
Un leggero brivido d’aspettativa, percorse la pelle del ragazzo. “Quelli che trovi troppo dolci?”
Pidge annuì.
“Posso mangiare anche te con la cioccolata e gli zuccherini?”
La ragazza tornò a ridacchiare indietreggiando di un passo e sfuggendo così all’abbraccio in cui il ragazzo stava per cingerla.
Ancora teneva la mano di Shiro nelle sue, mentre lo attirava a sé e verso il camino, aumentando appena l’andatura. Anche il ragazzo rideva lasciandosi trasportare dalla stessa dolce euforia.
Due tazze fumanti di cioccolata e la ciotola con gli zuccherini colorati promessi facevano bella mostra di loro sul tavolinetto accanto al tappetone di pelliccia sintetica (uno degli assurdi regali di Keith, ma che Shiro, ovviamente, amava tantissimo). Un plaid ripiegato giaceva su un lato del tappeto.
Shiro riuscì a riafferrarla in tempo per rubarle un nuovo bacio, prima che le mani di Pidge si frapponessero tra loro. “Non vorrai che si freddi, vero?” gli disse, trascinandolo sul tappetone.
Il poliziotto non ebbe tempo di protestare che sentì, i guanti venirgli sfilati e le dita riscaldarsi a contatto con il tepore della tazza di porcellana che Pidge gli aveva messo tra le mani.
Malgrado le proteste iniziali di Shiro, finirono col sorbire le loro cioccolate, accoccolati sotto il plaid, poggiati l’un l’altra, con le schiene contro la seduta del divano. Pidge raccontava pigramente la discussione con Lance di quel pomeriggio, giocando a intrecciare le dita con quelle della mano libera del ragazzo.
Alla fine del racconto Shiro le cercò lo sguardo con un vago sorriso ad aleggiargli sulle labbra.
“E così… hai qualcuno?”
Pidge sorrise sardonica. “Certo.”
“E sentiamo, quando contavi di dirmelo?” il tono suonava inquisitorio, ma il sorriso ora era ben visibile sul volto di Shiro e decisamente compiaciuto.
“Credevo di averlo fatto stamattina, quando parlavamo dei tuoi inciampi.”
L'espressione di Shiro mutò, facendosi seria. “Sei veramente sicura di riuscire a sopportarmi?”
Pidge sentì un groppo in gola nello scorgere quell'espressione dubbiosa sul volto del ragazzo.
Sapeva bene cosa stava passando nella testa di Shiro: non poteva esistere qualcuno in grado di sopportare quella situazione che neppure Adam, con tutto il suo amore, era riuscito a sostenere a lungo.
La giovane scienziata però era di tutt’altro avviso: sapeva bene com'era fatto il ragazzo che la stringeva tra le braccia, sapeva cosa aveva generato quei suoi comportamenti, e non aveva nessuna intenzione di lasciarlo andare per nessun inciampo del mondo.
“Solo…” iniziò con tono sicuro, per poi posare la tazza ormai vuota sul tavolinetto, subito imitata dal ragazzo al suo fianco. “Non dirmi bugie. Non dirmi che non succederà più o che sarà l’ultima volta”, aggiunse seria, mentre tuffava i suoi occhi dorati in quelli di Shiro, prima di sorridergli, cercando di alleggerire quel discorso troppo pesante per non metterli entrambi a disagio. “Giurami solo che, qualunque cosa succeda, tornerai sempre da me. Mi basta ques...”
Shiro la baciò di getto non lasciando che terminasse, stringendola talmente forte da farle mancare il fiato e Pidge ricambiò quell’abbraccio, teneramente, consapevole che quel messaggio, per quanto apprezzato, avrebbe impiegato tempo e dimostrazioni per essere creduto.
Si scostarono da quel bacio, solo per tornare a fissarsi negli occhi, fronte contro fronte.
“Ricordami allora cosa mi aspetta al ritorno a casa”, le sussurrò lui sul filo delle labbra, “abbiamo ancora un po’ di tempo prima di doverci preparare per uscire”, terminò con un ghignetto malizioso, tornando a baciarla. Pidge, a quella richiesta, lo attirò a sé, circondandogli il collo con entrambe le braccia, scivolando sul tappetone fino a lasciarsi sovrastare.
Le labbra di Shiro abbandonarono quelle della ragazza solo per scendere a tormentarle il collo con morsi piccoli e misurati, provocandole un dolce quanto flebile lamento di soddisfazione, prima di chiamare il suo nome.
Le mani che avvolgevano la vita di Pidge, si sciolsero a quel richiamo, cominciando a muoversi in lente carezze fino a scivolare sotto la stoffa della maglietta, beandosi della pelle liscia del suo ventre.
Le mani della ragazza scesero rapide lungo le spalle di Shiro per liberarlo della camicia.
Un lamento seccato di Pidge piegò le labbra del poliziotto in un sorrisetto divertito, mentre la lingua si attardava nell’assaporare la curva dell’esile collo della ragazza. Il respiro di lei lamentava irrequietudine per i bottoni di quella camicia che non volevano saperne di schiudersi.
Il ragazzo si sottrasse alla sensazione deliziosa della pelle morbida della compagna solo per soddisfare quella richiesta non detta: si sollevò sulle ginocchia, osservandola per un secondo distesa sotto di lui immersa nel candore della pelliccia, con il volto già in fiamme e quegli occhi color miele resi ancora più luminosi e desiderabili dal riflesso del fuoco nel camino accanto a loro.
Shiro si lasciò osservare mentre si sfilava la camicia, mentre la vedeva socchiudere quelle labbra deliziose; occhi negli occhi, mentre la frenesia di possederlo portava le dita di lei a sciogliergli la cintura, ad aprigli i pantaloni, tirandoselo nuovamente contro per baciarlo con desiderio.
Pidge lasciò scorrere tra le dita l’elastico del boxer del ragazzo, prima di scivolare con i polpastrelli a indagare la pelle tesa appena sotto gli addominali scolpiti e scendere per gustarne appieno l’eccitazione, sentendola accrescersi a ogni suo tocco.
Fu Shiro, questa volta, a lasciarsi sfuggire un gemito di piacere su quelle labbra dolci, ansimando sommessamente, ma senza permettersi di abbandonarsi appieno a quella carezza.
Le dita del ragazzo desideravano ancora saziarsi della pelle di Pidge e una mano salì lenta ad accarezzarle un seno, perdendosi nello stuzzicarle il capezzolo, forse troppo allungo, tanto da sentirla cominciare ad ancheggiare lentamente contro il suo bacino.
Cielo, se la trovava eccitante, mentre gli gemeva il suo nome sulle labbra.
Ancora il ragazzo le abbandonò la bocca, ma solo per scendere a suggerle avidamente un seno, mentre sull’altro le dita metalliche ancora gustavano, esattamente come fossero quelle che gli erano sempre appartenute, il contrasto della dura consistenza del capezzolo contro la morbida rotondità del seno.
Un gemito più acuto degli altri accompagnò l’inarcarsi del corpicino esile sotto di lui, mentre la mano libera scivolava oltre la stoffa sottile delle mutandine, affondando le dita tra le pieghe più intime della sua carne già bagnate dal desiderio, tanto da inumidirle e risalire per giocherellare con i sensi sovraeccitati della ragazza, disegnando rapidi e piccoli circoli sul clitoride turgido.
Shiro la sentì dimenarsi debolmente sotto quella sua carezza e invocare ancora il suo nome, mentre la mano di lei sembrava non riuscire più a mantenere il ritmo costante con il quale lo stava accarezzando e l’altra, afferrata alla sua spalla, serrava le unghie nella carne.
“Troppo presto”, recriminò il poliziotto in una frazione di secondo, ma era a sé stesso che voleva impedire di perdersi completamente nel desiderio che aveva di lei; troppo dolce e troppo eccitante per i suoi sensi indeboliti dal poco sonno e dalle ore di lavoro, ma…
Fu l’istinto ad avere la meglio sulla ragione, liberandosi senza difficoltà di quel poco di stoffa che la ragazza indossava, mentre continuava a lambirla con baci e carezze, fin tanto l’ebbe completamente nuda sotto di lui, perfetta e bellissima; fin tanto non riuscì soddisfarsi nell’affondare in lei, così deliziosamente, quanto inebriante fu l’incedere sempre più rapido e incalzante nel suo corpicino caldo.
Le loro ragioni si persero nel ribollire dei loro sensi, mentre i loro sospiri sovrastavano il lento scoppiettare della legna consumata dalle fiamme nel camino.
Si riebbero ansimanti e soddisfatti, scambiandosi un rapido sorriso prima di coccolarsi con un nuovo bacio assurdamente più desiderato e appagante di tutti quelli che si erano scambiati fino a quel momento. Tanto dolce da sperare di farlo durare il più a lungo possibile e quando terminò rimasero così, in silenzio, stretti l’un l’altra nel semplice gratificarsi dell’esistenza della splendida persona che stringevano tra le braccia.
“Ti ho fatto male?” giunse leggera la voce del ragazzo a spezzare il silenzio tra loro.
Pidge alzò il capo ad incontrare gli occhi di Shiro, sorridendogli con dolcezza. “Ti ho forse dato l’idea che non mi stesse piacendo?”
“No. Ma questo non risponde alla mia domanda. Ti ho fatto male?”
La ragazza scosse il capo arresa. “Quanto basta per aumentare l'adrenalina, non abbastanza da rendere la cosa spiacevole. Ma… perché ti sei posto il problema?”
Shiro si sollevò su di lei. “È che sei così piccolina.”
Il poliziotto rimase sorpreso quando Pidge prese a ridacchiare divertita da quella affermazione.
Le mani della ragazza salirono ad accarezzargli il volto, tirandolo poi gentilmente verso il suo.
“Forse avresti dovuto pensarci un po’ prima, non credi?”, gli disse prima di abbandonargli un bacio fugace sul filo delle labbra.
“Forse avrei dovuto pensare a tante cose.”
“Spiacente, è un po’ troppo tardi per avere ripensamenti”, lo canzonò lei.
“Nessun ripensamento, solo…”
Un altro bacio colmo di passione, questa volta, lo zittì prontamente.
Pidge sentì di cominciare a perdersi nuovamente in quella premura, prima che Shiro scendesse a mordicchiarle il collo per poi mormorarle contro la pelle: “Prima o poi dovremmo dirlo a Matt.”
“Prima o poi”, rispose lei, spingendolo seduto contro il divano.
Gli scivolo sopra fino a sedersi a cavalcioni su di lui. Shiro l’osservò con ritrovata eccitazione, nuda e bella da impazzire, mentre lei tornava a perdersi ancora una volta nei suoi occhi, prima di tornare a baciarlo con rinnovato impeto.
Inutile dire che per la cena, quella sera, non uscirono esattamente puntuali.