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Titolo: Il freddo dentro

Cow-t 9, seconda settimana, M2.
Prompt: “Neve e Oscurità”
Numero parole: 786
Rating: Verde
Fandom: Originale

Introduzione: Doveva essere solo una gita in montagna…
Genere: Drammatico
Coppia: Nessuna
Avvertimenti: Nessuno

 

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Aveva freddo mentre con lo sguardo rivolto alla notte sentiva i fiocchi leggeri ricoprire quel poco di lei che emergeva ancora dalla neve. Era stanca, sentiva d’aver bisogno di chiudere gli occhi, ma… non ce la faceva: aveva fatto tanta strada, aveva camminato tanto per arrivare fin lì, i suoi amici speravano in lei e... non poteva deluderli.

 

Di chi era stata l’idea di passare un natale diverso?

Ah, si di Dave. Dave e le sue idee esuberanti. Dave e i suoi occhi azzurri. Dave a cui non aveva mai saputo dire di no. Dave, il suo ragazzo.

 

Sorrise, o almeno credette di farlo, sul viso reso rigido dal gelo, mentre guardava il cielo scuro: non una stella, non una qualunque luce che potesse indicarle una direzione in tutta quell’oscurità.

 

Che ne era stato di Dave?

Non avevano ancora raggiunto il campo base, quando quella maledetta parete era franata. Dave aveva cercato di proteggere lei e Sara. Le aveva spinte di lato e poi… poi era stato avvolto tutto dal bianco ed era precipitato in un boato assordante.

Quel suono non l’avrebbe mai più dimenticato, ne era sicura: un suono strano, forte e cupo al tempo stesso, simile allo sciabordare delle rapide, ma per alcuni versi ricordava a un respiro scaturito da polmoni smisurati, non riusciva a descriverlo in nessun altra maniera.

 

Ancora sperò di sorridere.

Prima la pelle le faceva male, adesso non era più sicura di avere ancora una pelle.

 

Quando aveva riaperto gli occhi, Sara era stretta al suo petto, talmente salda nella sua presa da non lasciarle permettere davvero di respirare.

Grazie all’intervento di Dave, non erano state travolte, ma colpite comunque dalla neve che quella frana si era trascinata dietro. Era durato tutto pochi secondi, ma per i suoi sensi allertati dal pericolo era stato come se tutta la scena fosse passata al rallentatore davanti ai suoi occhi.

Il tempo di liberarsi dalla neve e avevano sentito Pete chiamarle: suo fratello era vivo, dall’altra parte della frattura creatasi, ma vivo.

 

Ricordava il sollievo che aveva provato in quell’istante, mentre il sole al tramonto tingeva di rosso la neve; un sollievo immediatamente annichilito dal pensiero di Dave, che tornò persistente a urlarle nella mente. Aveva allora abbandonato la piccola Sara, la più giovane del loro gruppo, e si era lanciata fino alla frattura sul crinale, incurante delle grida del fratello e della ragazzina che tentavano di trattenerla e di metterla in guardia. Aveva sentito la terra cedere e franare, mentre si era affacciata carponi e le mani le erano scivolate nel vuoto. Era slittata in avanti con lo sguardo annebbiato per le troppe lacrime che non si era nemmeno accorta di aver cominciato a versare. Le esili braccia di Sara le si erano afferrate alla vita, e l’avevano trascinata indietro, di nuovo al sicuro.

 

Tornò a fissare l’oscurità. La torcia era morta da un po’ e arrancare alla cieca non era stata una buona idea, ma era stata comunque l’idea migliore che avesse avuto.

Era certa di muoversi nella direzione giusta, ma troppi ostacoli, troppo buio, troppo freddo.

Si domandò se avesse realmente gli occhi aperti o se stesse solo pensando che lo fossero e, per l’ennesima volta, le venne da sorridere all’assurdità della situazione nella quale si era trovata.

 

Quindi era così la morte.

Quel senso di impotenza, il freddo, la sonnolenza e la sciocca ironia dovuta all’immutevolezza dell’irreparabile?

Si, doveva essere proprio così, perché stava morendo e lo sapeva.

 

Chissà però per quale assurdo motivo la ragione si rifiutava di abbandonarla.

Perché non fuggiva via? Sarebbe stato tutto più semplice. Quanto ancora l’avrebbe torturata con la consapevolezza di aver fallito? Di aver deluso le persone che amava e che credevano in lei?

Non sentiva più nulla. Aveva solo sonno, tanto sonno e ormai sperava davvero che l’ultimo torpore arrivasse e che con questo sparissero anche i suoi sensi di colpa. Ma… quanto si sentiva egoista a quel pensiero.

 

I sensi in fine dovettero davvero averla abbandonata, perché non percepiva più la neve caderle addosso, non udiva più il soffiare del vento tra le sterpaglie gelate.

Il suo respiro era lento, sempre più lento.

Manca poco”, le suggerì compassionevole la sua coscienza.

Mentre sentiva che espirando, insieme all’aria, stava fluendo via anche la sua vita.

 

Si accorse, come fosse un ultimo pensiero rubato alla morte, che il gelo della neve non le dava più i brividi, anzi, insieme a tutta quell’oscurità, era diventato quasi piacevole, assurdamente rassicurate e… sorrise.

 

Campanelli”, le sussurrò ad un tratto la sua mente stanca.

Un suono dapprima distante, un miraggio forse dettato dal freddo e dalla stanchezza, fino a diventare un ritmico tintinnare sempre più vicino, sempre più nitido nel silenzio della notte.

 

Ed era finita.

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