“Lance non bacia i ragazzi”
Mar. 5th, 2019 08:29 pmTitolo: “Lance non bacia i ragazzi”
Cow-t 9, quarta settimana, M1.
Prompt: “Rivelazione”
Numero parole: 2019
Rating: Verde
Fandom: Voltron: Legendary Defender
Introduzione: Lance e Keith discutono per quella che Keith ritiene una sciocchezza (What if?). Il Paladino Nero si accorge presto di aver mal misurato la situazione, pur non capendo perché. La rivelazione sul cosa è avvenuto realmente arriverà qualche giorno dopo.
Genere: Introspettivo
Coppia: Accenni alla Keith/Lance e alla Shiro/Curtis
Avvertimenti: What if?
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“Perché Griffin?” quasi gli urlò contro.
Quella sera, di ritorno dalla missione improvvisata per ritrovare i genitori di Hunk, al resoconto sul come si fossero svolti i fatti, Keith aveva visto Lance incupirsi, ma restare in silenzio. Al Capitano della Voltron Force non era sembrato vero che il ragazzo se ne fosse rimasto tanto tranquillo, non ci mise molto però ad accorgersi d’aver cantato vittoria troppo presto.
“Lo vuoi capire? Non c’era nulla di preventivato? Ci siamo mossi d’istinto”, ribatté Keith, alzando la voce a sua volta.
Il peggio era iniziato quando gli altri si erano allontanati e Lance aveva chiesto di potergli parlare.
Keith non ci aveva visto nulla di male, ma aveva fatto male i suoi calcoli.
“Senza. Di. Me. Vi siete mossi senza di me, capisci?”, rincarò il Secondo della squadra, colpendosi il petto a palmo aperto.
“Lance…”, esalò Keith esasperato.
“Veronica, Hunk, tu. Avete preferito Griffin. Tu hai preferito Griffin”. Il tono del Paladino andava abbassandosi, ma non l’irritazione del Capitano.
“Maledizione, la vuoi finire? Nessuno ha preferito nessuno, è successo semplicemente tutto troppo velocemente e…”
“Hai un comunicatore, potevi chiamarmi. Ci avrei messo un attimo, ma hai preferito...”
“Ancora? Piantala, sei ridicolo! Passi per tua sorella e il tuo miglior amico, ma io? Che diamine centro io?” A quelle parole Keith vide l’altro sgranare gli occhi e, in quel esatto secondo, fu certo di averlo ferito.
“Come… cosa c’entri? Io…”, la voce di Lance si fece improvvisamente sottile, “…sono il Tuo Paladino Rosso, Keith. Tuo. E hai preferito un altro a me.”
E… a Keith fece improvvisamente male il petto.
Quello sguardo triste…
Non avrebbe mai pensato che una sciocchezza del genere potesse ferire Lance a quel modo.
Non avrebbe mai pensato che vederlo così devastato potesse causargli tanto dolore.
“No… non…”, balbettò nell’attimo prima di riprendersi e comportarsi come gli era sempre venuto più naturale. “Non c’è stato nulla di premeditato, ho detto. Ma visto che è impossibile ragionare con te…”. Aprì la porta. “Pensala come credi!” concluse a muso duro, facendogli cenno di andare.
Vide Lance sussultare e ancora sentì quel dolore torcergli lo stomaco.
Il ragazzo abbasso il capo, uscì dalla stanza senza aggiungere altro e Keith sentì mancare il respiro; ritrovandosi a doversi sostenere alla parete, stringendosi il petto.
Perché?
Shiro faceva il forte, ma Keith sapeva che stava male.
Gli aveva proposto di prendersi del tempo, di distrarsi; Shiro aveva protestato ma, alla fine, lo aveva seguito in quel locale: un pub improvvisato, messo su dai rifugiati ospiti della base, per stordirsi con musica e alcool, e fingere per qualche ora che le cose non fossero tanto brutte.
Keith non rammentava chi gli avesse suggerito quel posto, ma ricordava di aver pensato, di primo acchito, che fosse solo uno spreco di tempo e risorse. Era stato però costretto a ricredersi: nella condizione in cui versavano c’era realmente bisogno di staccare un po’ la spina e, malgrado non fosse tipo da divertimenti di quel genere, trovarsi accanto l’amico che sorrideva, come non lo vedeva fare da tempo, si rivelò una vera panacea per i suoi sensi stanchi.
Tutti avevano qualcosa da gettarsi alle spalle e lui non differiva dagli altri.
Ne aveva passate tante: il tempo nell’abisso quantico gli aveva permesso di fare i conti con il suo passato ed era tornato più sereno. Aveva acquistato sicurezza, aveva le idee più chiare su molte cose, soprattutto su cosa fosse giusto fare per stare accanto ai suoi amici, alle persone che non aveva scelto, ma che aveva imparato ad amare.
Amare però comportava avere delle responsabilità e non si era reso conto di quanto queste pesassero sulle sue spalle fino a quel momento; il momento in cui le aveva lasciate andare.
Ed era stato come tornare a respirare.
Shiro sorrideva alle battute di un ufficiale della Garrison, di cui Keith non rammentava il nome, e vederlo così sereno gli faceva bene al cuore. Fu un altro sorriso però che gli gelò il sangue, ricordandogli che, per qualche assurdo scherzo del destino, a lui non era permesso respirare come a tutti gli altri esseri viventi.
“Lance?” suggerì la sua mente, trovandosi davanti allo sguardo un ragazzo dalla pelle scura. Era seduto al bancone, sorrideva. Non era vestito come al solito e i capelli erano diversi, ingelatinati e tirati all’insù, ma era lui, ne era certo: avrebbe riconosciuto quegli occhi blu tra mille.
Le cose con l’amico non stavano andando bene da un po’ o, per meglio dire, filavano alla grande: nessuna critica o avventatezza, Lance si stava comportando davvero da buon soldato ed era proprio questo il motivo per cui Keith era certo che ci fossero problemi.
Inizialmente aveva attribuito quel distacco al ricongiungimento di Lance con la famiglia, ma… con Hunk, Pidge e gli altri si comportava come sempre, era con lui che rimaneva… distante.
E il fatto che Hunk gli avesse chiesto cosa fosse successo tra loro era stato la riprova di quello che Keith già pensava.
Lance sorrise di gusto dopo aver dato di spalla al tipo che gli sedeva accanto. Aveva gli occhi socchiusi e sembrava particolarmente attento a quanto questi diceva, mentre con calma beveva dal suo bicchiere.
Keith avrebbe sospirato se il fiato avesse deciso di tornare a riempirgli i polmoni, ma…
Era cominciato tutto quando l’aveva mandato via dalla sua stanza, inutile girarci intorno: Lance, a modo suo, era andato a dirgli che si era sentito escluso e lui, in tutta risposta, lo aveva cacciato.
“Proprio una mossa da vero Leader! Complimenti Keith”, lo schernì il suo senso di colpa.
…al momento Lance se ne stava dall’altra parte della sala a ridere e scherzare con uno che Lui nemmeno conosceva.
Keith era infastidito. Lance era sempre stato un campione nel farlo uscire di testa, era stato questo che lo aveva spinto a sbatterlo fuori quella sera, ma… non stava facendo nulla di male in quel momento, allora perché si sentiva tanto irritato?
Shiro era distratto, continuava a sorridere al bel ragazzo al suo fianco e Keith, anche avendo finalmente ripreso a respirare, era rimasto con lo sguardo incastrato tra i due che scherzavano tra loro al bancone.
“Perché non mi ha detto che veniva anche lui?”, si chiese e “Perché avrebbe dovuto dirmelo, non parliamo da giorni”, si rispose.
Era davvero tutta colpa di Lance?
Lui, Keith, aveva provato a fare qualcosa per aggiustare il tiro?
No. Non lo aveva fatto.
E non perché non volesse o ritenesse che non fosse importante, ma semplicemente perché da quella circostanza, ogni singola volta che gli si avvicinava, al di là dei loro compiti da paladini, e Lance lo fissava, sentiva di nuovo quel dolore colpirlo al petto; quel dolore che provava anche in quell’istante, da quando gli occhi si erano incatenati a quel sorriso.
L’aria rifluiva dentro di lui, ma sembrava fosse fatta di spilli.
Aveva la gola arsa mentre osservava Lance parlare.
Una battuta del pilota fece ridere di gusto il biondino che l’accompagnava.
Se Keith non fosse sicuro che all’amico non interessasse il genere avrebbe detto che stesse flirtando.
Un ghigno amaro si dipinse sul volto del Capitano: era parecchio che Lance non faceva più lo sciocco con le ragazze, non ricordava esattamente da quando, ma sicuramente da prima che partissero per la Terra e dal momento che erano tornati Keith aveva notato Allura addolcirsi molto nei confronti del ragazzo. Una parte di lui ne era rimasta stupita, l’altra parte però non capiva come mai gli sembrasse Lance a tirare il freno questa volta.
Il braccio del biondino si gettò sulle spalle del suo amico e a quel gesto lo sguardo di Keith si strinse tagliente.
Forse era una vecchia conoscenza che aveva ritrovato alla base, perché preoccuparsi?
Infatti, perché preoccuparsi, infondo non dovevano essere cose che lo riguardassero.
A infastidirlo però era il fatto che Lance non sembrasse disturbato da quell’atteggiamento: se fosse partito da lui un gesto del genere si sarebbe ritirato a pelo ritto come un gatto che avesse sfiorato l’acqua, invece se ne stava lì, con un sorriso soddisfatto sulle labbra, incurante di quell’eccessiva vicinanza.
“Per quale accidenti mi importa tanto?” si disse adirato, “Perché è mio amico, ecco perché”, fu la risposta più logica che si diede.
Era suo amico e gli preferiva un tizio che non poteva capirlo, non dopo tutto quello che avevano passato nello spazio.
Erano tornati, ma non erano più gli stessi e Keith si rifiutava di credere che fosse l’unico della squadra a sentirsi inadeguato, fuori posto sulla Terra.
L’abbraccio attorno alle spalle di Lance si strinse e quel ragazzo gli baciò il sorriso.
La mente di Keith non riuscì a formulare un pensiero coerente per diversi secondi: vuota, del tutto vuota.
Aprì e chiuse le palpebre un paio di volte prima di riuscire a riattivare gli ingranaggi del suo cervello, mentre quel tipo scostava le labbra da quelle del Suo Paladino.
Lance non aveva smesso di sorridere, anzi sembrava… compiaciuto.
Lo vide annuire, prima di tracannare in un sorso il contenuto del bicchiere e abbandonarlo vuoto sul bancone. L’altro si sbrigò a mollare delle banconote al barista e ad alzarsi.
E… Anche Keith si alzò, mentre Lance afferrava quel bel faccino per mano e lo trascinava fuori.
“Lance non bacia i ragazzi”, valutò seguendoli, senza badare a Shiro che lo chiamava.
Non era sicuro se avesse respirato o trattenuto il fiato durante il percorso dal tavolo dall’uscita, ma una cosa era certa: era finalmente fuori, ma dei due ragazzi non sembrava esserci traccia.
Maledisse sé stesso in una lingua che i terrestri non conoscevano, muovendosi in cerchio davanti l’ingresso come una tigre in gabbia, finché qualcosa non richiamò i suoi sensi allertati: un suono attutito, quasi impercettibile. Un rumore di lamiere e risate giungeva da uno degli stretti vicoli che dividevano un container dall’altro.
Keith assecondò il suo istinto, dirigendosi dove gli suggeriva l’udito.
Quelle risa si tramutarono presto in schiocchi soffusi di labbra umide e ansiti mal trattenuti e…
Era furioso.
Era sul punto d’imboccare quell’anfratto buio, quando… “Keith” chiamò Shiro e la mano che gli posò sulla spalla lo riportò alla ragione.
Si voltò, trovando il ragazzo a fissarlo.
“Tutto bene?” chiese preoccupato.
Keith stiracchiò un sorriso, “Tutto bene.”
“Sei uscito come un fulmine.”
“Credevo di aver visto una persona, ma… devo essermi sbagliato. Rientriamo?” dissimulò con un sorriso rassicurante e… doveva davvero essere andata così.
La persona che aveva visto non poteva essere Lance, ma solo un ragazzo che gli somigliava molto: Lance non vestiva in quella maniera, non l’aveva visto una sola volta portare in capelli in modo diverso e, soprattutto, gli piacevano le ragazze.
L’unica verità era che la discussione tra loro l’aveva scosso e quello ne era il risultato: un film che si era girato nella sua testa, non c’erano altre spiegazioni.
Solo… perché quella reazione?
Si era comportato in modo assurdo, come un toro che avesse visto rosso.
Erano di nuovo nel Pub: Keith si era preso un’altra birra e se ne stava seduto a gustarsi le chiacchiere del suo amico e di… Curtis, questo era il nome che prima non ricordava.
Non ascoltava realmente cosa stessero dicendo, ma era piacevole la cadenza delle loro parole e questo bastava ad allontanare un po’ i pensieri.
Se a qualcosa però, da tutta quell’assurda storia, Keith l’aveva capita, era che avrebbe dovuto chiarire con Lance quanto prima o lo spettro dei suoi sensi di colpa l’avrebbe tormentato per sempre.
Gli mancava il suo amico, la persona che gli era stata vicino quando aveva perso Shiro, la persona che aveva preferito salvare Lui, in uno schicco gioco a quiz, invece della ragazza che amava.
Lance era stato ferito dalle parole di Keith perché era suo amico e per lui era lo stesso.
“Anche voi qui?” e, come non fosse successo già a sufficienza quella sera, gli si fermò il respiro.
“Ehi, Lance!” salutò allegro Shiro, rivelando l’identità di quella voce che a Keith era stata subito chiara.
Si voltò.
Lance era lì, sorrideva, con quei maledetti capelli dritti sulla testa, non più tanto perfetti.
Keith deglutì a vuoto all’assurda rivelazione che al Suo Paladino Rosso, non piacessero solo le donne.